Dialogo e contraddittorio

Esserci significa essere presenti con il coraggio delle idee. Nel rispetto di se stessi e degli altri, essere pronti, preparati, generosi. Con umiltà e pazienza, senza buonismi, ma con l’intelligenza della sensibilità, con l’onestà intellettuale di ciascuno. Esserci. Perché, all’interno di un conflitto di idee, quando si è sinceri e leali, quando non si offende l’altro, quando non si arrecano ferite nel cuore dell’altro, quando si ama l’avversario, si può tornare al “politicamente scorretto”.

Esserci è l’espressione di una presenza dinamica, fondata sul dialogo e sul contraddittorio, che parte dalla convinzione che le idee possano cambiare il mondo. E che le idee possano cambiare il mondo è un convincimento che delimita lo spazio libero e aperto di un progetto politico vissuto nell’alterità: un campo altro.

Questo è il punto di partenza necessario per cominciare ad affrontare i problemi del nostro sistema civile e civico ripartendo dalle analisi dei problemi dei singoli individui, da cui derivano i problemi della comunità. Del resto, le corruzioni dei sistemi si basano sulla corruzione dei singoli. Ma se è vero, come è vero, che il Potere dominante è il primo che trucca le carte, che bara, spesso a partita in corso, cambiando le regole del gioco, aumentando le tasse o mettendole di nuove, a seconda dei bisogni sempre più crescenti delle bande organizzate e dei comitati in affari con la malapolitica, che è la vera antipolitica, c’è un solo modo per uscirne e cioè che il sistema Paese debba essere il primo a dare il buon esempio per il singolo. Se si vuole davvero che l’individuo migliori le proprie prestazioni di responsabilità sociale, è il sistema che, prima di lui, deve migliorare le sue prestazioni con una diversa e migliore chiarezza e trasparenza delle sue azioni.

Perché, prima di chiedere, bisogna non promettere di fare, ma dare. Con la forza dell’esempio, dare prova che si è capaci di fare. Esserci. In modo, però, da permettere all’altro di produrre un progetto migliore, qualora fosse altrettanto valido e riscontrabile. In tal caso, allora sì che gli elettori avrebbero le idee più chiare su chi scegliere e a chi accordare fiducia. Infatti, oggi, la fiducia è ridotta a un lumicino in lontananza…

Esserci, inteso in tal senso, sarebbe già una buona ripartenza per un contraddittorio leale tra idee e progetti diversi. Perché, come diceva Leonardo Sciascia, “il dialogo e il contraddittorio sono l’esatto opposto del confronto e del compromesso”.

In qualsiasi attività, infatti, se si chiedono dei soldi, bisogna dimostrare che serviranno a qualcosa di specifico, attraverso uno studio di fattibilità che indichi, senza possibilità di smentita, come verranno usati e chi ne sarà il responsabile di fronte alla comunità. Qualcuno, insomma, che si assuma l’onere di dimostrare che si può ripartire per il bene della collettività azzerando tutto quello che, fino ad oggi, non ha funzionato.

Se vogliamo dare un futuro a noi stessi, dovremmo noi – oggi – fare un salto per oltrepassare il muro dell’indifferenza verso i principi intimi e insindacabili dell’individuo che, invece, viene sistematicamente umiliato dal Potere fine a se stesso, dall’affarismo selvaggio, dalla partitocrazia, dalla sottocultura dominate, dall’antipolitica becera che scambia il fare politica con il fare del politicante.

Arrivati a questo punto, dovremmo fuggire o ribellarci all’immobilismo trasversale di quello che è diventato il regime dei comitati di affari delle multinazionali e non. Ognuno è chiamato a dare una spallata, meglio se una “picconata” di cossighiana memoria, a questo muro dell’omertà intellettuale che si vede ad occhio nudo e a cui, ciascuno di noi può dare il nome che preferisce, ma che – comunque sia – resta un sistema marcio, vetusto, statico, privo di idee e senza respiro alto, privo di memoria, senza cultura e se senza nessun vero futuro politico.

E’ il Nulla che avanza…

… continua...

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