Nuova intervista per Maria Cuono Communication con Fabio Carta, uno scrittore appassionato di fantascienza. Nel 2014 incomincia a presentare il suo primo manoscritto. Nel 2015 esce Arma Infero – Il mastro di forgia. Si ispira al classico dei classici del planetary romance, ossia a Dune, di Frank Herbert. Con Arma Infero riceve molto riscontri e diverse critiche. Alla fine del 2019 sarà in uscita il quarto e ultimo volume della saga Arma Infero.
Quando nasce la tua passione per la fantascienza?
Sono nato e cresciuto quando la Golden Age della narrativa di fantascienza era già passata, o meglio consolidata, e quando invece uscivano al cinema i primi, immortali blockbuster fantascientifici. Non dimentichiamoci poi degli anime ante litteram, i cartoni animati giapponesi di robot giganti, alieni e battaglie spaziali. Aggiungiamoci poi qualche fumetto Marvel e i primi videogiochi. Ero letteralmente immerso nella fantascienza: come non poterne far parte? Questo per dire che ho sempre divorato storie di fantascienza, era la mia narrazione di evasione, e mentre le leggevo già sognavo di scriverne anche io. Più o meno da sempre.
Quanto importante per te è la fantascienza?
È una passione che mi ha dato importanti stimoli, anche nella vita “vera”, ma ho la presunzione di dire che non è mai scaduta in esagerazione, niente di morboso. Non sono un cinefilo o bibliomane, non un collezionista né tantomeno un “otaku” feticista di gadget nipponici. Amo libri, film e videogiochi in tema, ma tutto con il dovuto equilibrio.
In che anno hai pubblicato il tuo primo lavoro?
Dopo anni di gestazione ed esitazione, sono riuscito a dare concretezza a tante vaghe velleità e a presentare un mio manoscritto nel 2014. Per mia fortuna Arma Infero ha trovato subito in Luigi di Mieri, dell’Agenzia Inspired, un sostenitore come, probabilmente, nemmeno io lo sono stato mai. Arma Infero – Il mastro di forgia è stato pubblicato nel 2015.
Di cosa parla?
È un planetary romance, ovvero un romanzo che racconta gli eventi relativi alle eroiche vicende umane su di un singolo pianeta alieno, che alcuni lettori si sono spinti a voler definire parzialmente fantasy, probabilmente per il fatto che gli uomini, sul pianeta Muareb, per vari motivi storici hanno voluto organizzare le loro colonie sul modello della società feudale medievale.
A chi ti sei ispirato?
Al classico dei classici del planetary romance, ossia a Dune, di Frank Herbert. Grandiosità narrativa, deserti colmi di insidie e misteri, battaglie e intrighi di corte, un’epica mistica che lascia il segno. Non per dire, ma persino Lucas, immaginando Star Wars, ha ammesso di aver preso ispirazione da Dune.
Uno dei tuoi lavori che ti ha dato grosse soddisfazioni nel corso della tua carriera di scrittore?
Sempre Arma Infero. Ho ricevuto più di un riscontro positivo, anche in termini di vendite (ma per carità non tocchiamo il tasto guadagni). Ho ricevuto però anche diverse critiche, alcune molto circostanziate, segno che il mio lavoro è stato fatto oggetto di une vera attenzione. E questo non può che rendermi orgoglioso.
Parlaci del romanzo cyberpunk “Ambrose”?
Ambrose nasce dal rocambolesco e ingenuo tentativo di partecipare a una vecchia edizione del premio Urania, che permette ad autori emergenti di venir pubblicati nella storica collana sci-fi della Mondadori. Ovviamente ho perso. Ne è venuto fuori però un testo agile, così lontano dalla mole di parole di Arma Infero, proprio grazie ai limiti alla lunghezza imposti dal bando. Per il resto ho rispolverato una vecchia, confusa ambientazione che avevo già pronta nel cassetto (roba vecchia di 15 anni) e l’ho rifinita quanto ho potuto, guarnendola con riferimenti alla cronaca più recente, e questo perché il cyberpunk, per essere tale, deve sempre avere un appiglio polemico al presente, o almeno così la penso io. Ah, ci ho messo poi un bel po’ di sarcasmo, amicizia e guerra, e gli immancabili mecha, i robottoni pilotati della tradizione japan.
Il tuo ultimo lavoro?
È il quarto e ultimo volume della saga Arma Infero, in uscita (spero) entro al fine dell’anno. Spossante, sorprendente, liberatorio. Mi mancherà Muareb, come spero che mancherà anche ai miei affezionati lettori. Troppo stucchevole, vero? Vabbè, spero che vi piaccia.
Ti piacerebbe scrivere anche di artisti che hanno fatto la storia del cinema e della televisione italiana? Se dovessi farlo su chi punteresti il dito?
A questa domanda non so proprio come rispondere. Non sono un biografo, né un patito di queste cose. Anzi, tendo a evitare di approfondire sempre chi sono nel mondo vero gli autori, o i registi, o gli interpreti di qualche bella storia. Sapere di queste cose ho come l’impressione che mi possa privare della magia regalatami dalla storia stessa.
Parlaci un po’ di te?
Impiegato pubblico, marito noioso e padre di due figli. C’è poco da aggiungere, no?
Tre aggettivi per descrivere al meglio la tua professione?
Se intendi quella ufficiale, ovvero quella che mi dà da mangiare ogni santo mese potrei dire… noiosa, ordinaria, priva di stimoli. Ah, esagero. Comunque proprio la ripetizione di quanto faccio ormai da due decenni, probabilmente, mi ha spinto nelle braccia del mio alter ego creativo. Quindi, ben venga la noia se è riuscita a farmi trovare il coraggio di fare quello che ho sempre voluto fare, giusto?
Se invece intendi la mia “professione” di scrittore. Divertente, stimolante, bella. Magari potessi fare solo quello, ahhhh.