#LucaMadonia #lamonotoniadeigiorni @carmenconsoli
Vi raccontiamo una storia.
“In questa vita” se ci pensi è facile confondersi, noi il mondo animale che continua a farsi male e indossa maschere. Le indossa l’uomo che sogna il fuoco per poi spegnerlo con l’acqua. Le indossa anche “l’ultima persona al mondo“, che sa che la vita non ha tempo, non ha spazio. “La mia condizione” è “non aver paura del mondo” in questo vedere nero come se la luce non lo illuminasse più. Chi non ha bisogno di momenti veri per coprire i giorni neri e cercare un po’ di Sé oltre “la monotonia dei giorni“? Giorni che possono fugare ogni speranza. L’importante è non fermarsi in corsa visto che il destino non fa sconti , mentre la forza di una idea può segnare il passo verso una nuova condizione che poi è resurrezione. Tra “Caviglie e zanzare“, passeggiando nella memoria tra i fili d’erba alta del passato. “Mi solleverai” ci solleveremo così da tutti i giorni neri visto che in un istante può accadere e un minuto può bastare. Più convinti che mai che “non è finita” lì tra le dinamiche terrestri dove è inutile sentirsi un po’ depressi. Sempre che “Non mi allontano da te“. Sai com’è? Nel luogo remoto della ricerca della verità in cui accade anche a te, anche a me, dove l’attimo non fugge mai. Forse perchè “Tu non sei più con me” io solo come adesso, avanti come posso“.
La nostra è una storia un po’ ideale e un po’ no che potrebbe unire le canzoni che l’artista che abbiamo deciso di intervistare questa volta ama definire / pensare / credere / raccontare come parte di un concept album: di quelli di una volta nei quali ogni brano si ricollega al precedente cedendo poi il testimone al brano successivo.
La nostra storia gioca con i titoli de “La monotonia dei giorni” di Luca Madonia pubblicato di recente su etichetta Narciso Records distribuita da Universal Music Italia.
“La monotonia dei giorni” è un album maturo che possiamo definire illuminato. Scopriamo insieme il perché:
Luca il titolo non lascia scampo e siamo costretti a chiederti che rapporto hai con la monotonia e qual è lo spirito che lo muove?
E’ un disco propositivo. Visto che siamo artefici del nostro destino. Era importante imporre una visione propositiva per esorcizzare questo malessere che accompagna il nostro quotidiano. In questo nuovo disco, più che combattere con la paura della monotonia, preferisco fare una indagine sui sentimenti, sugli affetti, gli amori, le debolezze, sulla propensione alle delusioni e alla speranza, partendo dall’intimo umano.
Ma anche dei “Piccoli Spostamenti del cuore” per dirla alla Gaber?
I Piccoli spostamenti del cuore contano tantissimo in questa ricerca del positivo. Ricerca che attuo attraverso l’uso di parole sempre nuove, a volte graffianti e alle quali affido il compito di rivelarmi nuova consapevolezza. Perché i piccoli spostamenti a cui allude Gaber sono proprio i sentimenti, gli atteggiamenti inconsci con i quali ci poniamo dinanzi agli altri, sia in termini di amore, amicizia o di rapporti umani… con tutto quello che ne consegue, fino al punto di spingerci ad indagare , se serve, il passato.
La voglia di indagare il passato alla luce di una nuova consapevolezza ti piace o ti spaventa?
Premetto che il mio disco arriva dopo 33 anni di questo mestiere. Quando cresci affronti nuove realtà verso le quali è sempre bene contrapporre una visione aperta. Pertanto più che un bilancio della vita “la monotonia dei giorni” è la sintesi del vissuto che ho attraversato e credo di aver metabolizzato in questo mio presente.
Cosa speri venga fuori da questa attenta analisi del tuo nuovo presente?
Spero mi aiuti a capire quale sarà il mio futuro. Anche perché nel fare questa indagine mi sono concesso il lusso di spaziare dal sociale alle tematiche esistenziali rapportandomi all’intimo umano. Son partito ovviamente da me stesso e ho esteso l’analisi agli altri nella speranza di capire qualcosa in più su me stesso e su dove sto andando.
Anche perché l’anima de “la monotonia dei giorni” sta, proprio, nella sincerità che ci ho messo forte della maturità che rappresento. Sicuramente non volevo fare un disco per farlo passare in radio ma per affrontare un nuovo viaggio lucido ai confini della mia vita. Questo disco è venuto fuori con un sound che attraversa diverse stagioni . Sono partito da rocker, attraversando la new wave italiana per entrare nel mondo cantautorale. Tant’è che, oggi, non so più come etichettarmi e , quindi, con “la monotonia dei giorni” ritorno alla musica semplicemente ponendo maggiore attenzione ai testi e ai suoni, credendolo come una degna evoluzione, tributo, al mio mestiere che ritengo di fare in modo onesto.
Cosa ti ha stupito della tua personale rilettura dei fatti in chiave contemporanea?
Mi ha colpito l’aver mantenuto la curiosità e la voglia di mettere in fila le idee. Sono abituato a cercare la realizzazione personale attraverso “il gioco” della musica. Il fatto che dopo 33 anni ancora stia facendo questo mestiere bellissimo che, da piccolo era il mio sogno immaginato, mi ha insegnato che è fondamentale metterci la costanza perchè se è vero che conta la fortuna è anche vero che conta anche trovare le persone giuste e avere la propensione a superare le batoste. Quindi lo stupore che ancora oggi provo è la piacevole consapevolezza di essere arrivato alla mia età facendo ciò che amo e di affrontare l’incognita più grande che è rappresentata dalla voglia di capire e dalla spinta di continuare.
In questo album torni a sposare la collaborazione di sempre con Toni Carbone ma ti riappropri della collaborazione con Carmen Consoli aprendoti a quella con Donatella Finocchiaro. Che peso dai alle collaborazioni?
Se trovi i partner artistici giusti tutto diventa più semplice. Soprattutto se ti fidi e stimi l’altra persona come nel caso di Tony con il quale ho condiviso più della metà della mia vita in musica e idem con Carmen la cui amicizia è nata in tempi sanremesi e con lei abbiamo condiviso duetti anche con Battiato (ai tempi de l’alieno). Certe collaborazioni possono essere stimolanti e fortemente creative. Con Carmen sono tornato a collaborare dopo un po’ di anni e ciò mi ha permesso di rivivere situazioni emotive che mi hanno fatto sentire subito a casa. Abbiamo lavorato in una situazione familiare, nel bellissimo studio analogico che possiede sull’Etna e fra affinità e medesimi gusti abbiamo tirato fuori questo disco che è tutto suonato, totalmente analogico che si arricchisce dell’uso di amplificatori valvolari , di chitarre anni 60. Il nostro lavoro assieme ha prodotto un album che amiamo concepire come un concept album . A 12 , 16 anni ogni disco era una scoperta. C’era l’ascolto collettivo e per fortuna non c’erano i cellulari e quindi guardavi in faccia le persone e parlavi. L’uscita del disco era quindi un momento di aggregazione collettiva. Con la “monotonia dei giorni” è stato ritrovare e rivivere questi piccoli momenti.
Quanto c’è della tua terra in termini di sonorità?
Era da tanto che non tornavo a suonare in Sicilia e credo che ciò abbia influito molto sulle sonorità del disco che sono oggi possibili grazie a delle affinità musicali. Tali affinità hanno portato me e carmen a scambiarci persino i ruoli in certi brani. Brani in cui io suono le tastiere mentre Carmen si diverte alle chitarre elettriche o al basso. Anche Donatella, grazie al suo essere brava attrice, ha saputo apportare positività al suo brano donandogli un peso specifico diverso, nuovo. Potrei dire che lo scambio di opinioni nato durante la realizzazione de “La monotonia dei giorni” mi ritorna l’idea di esser stato molto fortunato.
30 anni di carriera ti hanno aiutato a comprendere cos’è per te essenziale?
Non so se l’ho capito. Detesto i super uomini e io con la musica mi sento tutto tranne che tale. Forse perché con la musica provo, da sempre, ad esorcizzare la timidezza. I cantanti che si prendono troppo sul serio ed entrano troppo nel loro ruolo mi fanno sorridere proprio come quelli che ritengo essere il pop la cultura prevalente di questo nostro secolo. Il pop come altri generi è solo una forma di espressione tra le tante.
Cos’è che ami e cos’è che detesti?
Quello che detesto di più è la violenza fisica, verbale, l’arroganza, l’individualismo esasperato in cui la violenza è sinonimo di prevaricazione dell’uno sull’altro.
Quindi chiaramente l’idea di avere due figli che affronteranno la vita così. Amo comunicare e spingermi nella comprensione degli altri.
Dopo tanti sanremo come è stato ritrovarsi insieme sullo stesso palco live di Carmen? Che rapporto hai con i live?
La verifica delle tue canzoni arriva solo con live e fare il live con Carmen nei palazzetti è stato emozionante, oltre che, una occasione per riproporre in una chiave musicale nuova che ha coinvolto anche la band di Carmen, alcune delle canzoni che ci hanno legato molto ed è stato tutto piacevole.
Cosa bolle in pentola?
Stiamo pensando ad una versione teatrale dei live che possano mettere meglio in luce le atmosfere di questo nuovo disco.
E…
Penso sia importante credere nelle proprie cose e continuare ad avere fiducia nonostante le molte difficoltà. Credo debba essere questo l’orizzonte da non dimenticare per le nuove generazioni.
di Giovanni Pirri
