La saggezza di Zi ‘Ntonie, l’analfabeta – di Domenico Logozzo

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L’UNIVERSITA’ STUDIA LE PERLE DI SAGGEZZA DI “ZI ‘NTONIE, L’ANALFABETA” E IL PENSIERO DEL FILOSOFO-CONTADINO DE FRANCESCO

di Domenico Logozzo *

La superiorità umana ed esistenziale della campagna sulla città, evidenziata nel libro “Così parlò Zì ‘Ntonie,l’analfabeta” scritto dal filosofo-contadino Donato De Francesco di Sant’Eusanio del Sangro, diventa motivo di grande attenzione  a livello universitario, oltre i confini dell’Abruzzo. L’invito alla lettura ed alla piena conoscenza dell’intellettuale abruzzese viene in particolare dal prof. Paolo De Lucia, docente di filosofia all’Università di Genova, che non esita a definire l’84enne Donato De Francesco “uno dei più interessanti ed originali pensatori contemporanei”. Una cultura “altra” che è “alta” e che non cede a compromessi. E non delega ad altri. Non è indifferente. Ma scruta a fondo e denuncia liberamente. De Francesco evidenzia mali, propone soluzioni. E’ una critica costruttiva anche se agli occhi degli osservatori e dei lettori superficiali potrebbe apparire diversamente. Avere le idee. Avere il coraggio di esporle. Avere la forza di difenderle. E non arrendersi. Mai.

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De Francesco ha una grandissima dote: la sincerità culturale, che nasce e si nutre con la linfa vitale della ricca saggezza contadina. Per la Rai nel 1979 ha raccontato la storia di Zì ‘Ntonie, Antonio Angelucci, nato a Castel Frentano nel 1887 e vissuto a Sant’Eusanio del Sangro. Analfabeta con un cervello da Nobel della saggezza. Un personaggio che ha appassionato i telespettatori per la sua genuinità e onestà intellettuale. Semplice ed incisivo. Dal piccolo schermo alla libreria. “Forse povero in cultura, ma ricchissimo d’intelligenza e di arguzia, Zì’ ‘Ntonie ci offre una vera e propria pioggia di perle di saggezza”, hanno detto di lui. Leggiamo qualcuna delle sue perle: ”Amare l’altro significa essere capace di donargli disinteressatamente non ciò che l’altro vorrebbe, ma ciò di cui ha effettivo bisogno, e il vero bisogno dell’uomo è l’essenziale, anche se lui desidera il superfluo”.

Un’altra perla di saggezza: “Oggi le campagne sono deserte e solo qualche anziano vi si aggira, sebbene debilitato e privo di forze; le palestre, al contrario, sono affollate di persone piene di vitalità che sudano le sette camicie per dimagrire o per potenziare sempre più i loro inutili muscoli. Tutto questo è pura follia eppure accade, e accade per merito della ragione umana che aborre la fatica produttiva e santa ed esalta la fatica sterile e sprecata, oppure utilizzata per accrescere la prestanza fisica; la fatica (come quella utilizzata per esempio dalle ballerine) diventa nobile solo se è “bella”. Mi  chiedo: quando le persone si mettono a tavola, mangiano i prodotti della fatica santa o i prodotti della fatica bella? Chissà se gli uomini di mondo si sono mai posti una simile domanda!”

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Interessanti riflessioni che “Europa Edizioni” così riassume: ”La storia, la cultura, la politica, la fede, più alcune “divagazioni” su argomenti vari. Un trattato? Non è così semplice. Un dialogo? Non esattamente, perché Zì’ Ntonie non è più tra noi. Dopo aver superato la soglia dei cento anni, ha lasciato il mondo, portando con sé una straordinaria quantità di saggezza. Una saggezza autentica, fatta di esperienza e ragione, fatta di consapevolezza pratica. Sono tante le cose che si potrebbero imparare da una mente come quella di Zì’Ntonie, per questo Elìaba ha ricostruito con meticolosità una sorta di dialogo. É un modo per dare risalto ad una vita che lo avrebbe meritato, ma che non  l’ha avuto perché non faceva storia”.

Da  diversi anni Donato De Francesco  si è ritirato in campagna nella sua Sant’Eusanio del Sangro. Un luogo isolato. Ma ricco di fascino. “Questo è il mio eremo”, ci dice. “”Quando sono arrivato con mia moglie, tutto era in completo abbandono”. Oggi c’è tanto verde. La bellezza della natura e la sapiente e amorevole mano dell’uomo. Il rispetto dell’ambiente. “Abbiamo costruito la nostra casetta, piantato gli alberi, coltivato la terra, allevato le galline”. Di fronte  la maestosa Majella. La montagna madre è coperta dalla neve. Un fascino straordinario. Con Donato ci siamo conosciuti nel 1984 nella Sede della Rai di Pescara. Lui brillante autore di trasmissioni radiofoniche e di documentari televisivi della Terza Rete, io giornalista calabrese, disoccupato, appena assunto in Abruzzo dalla tv di Stato.

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E’ grazie alla produzione culturale di Donato che ho avuto la possibilità di conoscere presto e bene tanti aspetti della realtà abruzzese. E nel pomeriggio  trascorso davanti al caminetto, 31 anni dopo il primo incontro, con Donato e con la moglie abbiamo vissuto alcune ore indimenticabili. L’amicizia sincera. Il grande calore umano. Lezioni di umiltà da Donato e dalla moglie. Persone buone. Persone che credono in quello che fanno. E che fanno quello che pensano e dicono. La forza della coerenza. La forza delle radici. Come Zì ‘Ntonie, il protagonista del suo preziosissimo lavoro. Che il prof. Paolo De Lucia ha recensito in maniera esemplare. Ha scritto: “In poche parole: si tratta del capolavoro di un genio. Dietro “Elìaba” si nasconde Donato De Francesco, un filosofo-contadino abruzzese che ha elaborato un vero e proprio sistema di pensiero. Il baricentro di esso è la teoria della superiorità umana ed esistenziale della campagna rispetto alla città, e della cultura contadina rispetto alla cultura cittadina. De Francesco, che attinge anche ad una fede cristiana robusta e profondamente assimilata, inanella argomenti difficilmente refutabili per dimostrare il carattere patologico della civiltà moderna, e ne coglie la radice nel primato dello spirito, da lui identificato con la pretesa onnicomprensiva della razionalità. Non sarà un caso se la prima delle beatitudini di Gesù suona “Beati i poveri di spirito”. Un libro da leggere: apre un altro mondo…”

Sì, è vero, apre un altro mondo. Che vale la pena di scoprire, leggendo “Così parlò Zì ‘Ntonie, l’analfabeta”. Un libro che “ha il solo scopo di rendergli il minimo omaggio – scrive De Francesco -, riscattando nel contempo la memoria di una cultura “altra”, vilipesa, mistificata e uccisa a cuor leggero da chi, forse, aveva qualcosa da imparare da essa”.

*già Caporedattore del TGR Rai

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