(@cni_music) ESCE IL LIBRO “XENA TANGO – LE STRADE DEL TANGO DA GENOVA A BUENOS AIRES”.

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Senza i liguri il tango non sarebbe esistito”
Luis Bacalov

Il tango è degenerato per colpa degli italiani
e in particolare dei genovesi
Jorge Luis Borges

Ho l’impressione che, prima ancora che il tango nascesse,
i genovesi pensassero già in ‘tanghese’
Giorgio Calabrese

Ho sempre amato chi è partito con minore o maggiore fatica,
ho sempre subito forte il fascino di chi si è arrischiato
nei luoghi più lontani della terra,

facendosi capire, facendosi rispettare e in definitiva
amando quella nuova immensa casa…
quasi sempre facendosi amare
Ivano Fossati

A poco più di un mese dall’uscita dell’album realizzato con la partecipazione di Luis Bacalov, Roberta Alloisio e Walter Ríos, esce il libro omonimo curato dal giornalista Giampiero Vigorito, che va a completare il progetto complessivo prodotto da Paolo Dossena ed edito da Compagnia Nuove Indye.  “Xena Tango – Le Strade del Tango da Genova a Buenos Aires” è disponibile anche in uno speciale cofanetto che contiene sia il cd sia il libro. L’uscita del libro e del cofanetto precedono di poco la Giornata Internazionale del Tango dell11 dicembre.

Il libro “Xena Tango – Le Strade del Tango da Genova a Buenos Aires” – 270 pagine di documentazioni d’epoca, racconti, interviste ed immagini – integra il disco e completa il progetto, approfondendolo attraverso la ricostruzione delle fasi più note ma anche delle storie meno conosciute dei nostri connazionali in Sud America, i quali facendo leva sui suoni della loro terra d’origine e quelli dei luoghi che li stavano adottando, hanno esercitato una chiara influenza sull’evoluzione del tango.

A un punto di vista saggistico sul fenomeno dell’emigrazione italiana in Argentina si è preferito quello di una più accattivante e agile successione di racconti, che hanno tenuto conto che “in Argentina tutto quello che muove gli uomini è materia del tango”  nella convinzione che “ognuno dei nostri emigranti partito dal porto di Genova abbia avuto e continui per sempre ad avere, per quanto umile, il suo posto nell’universo.”

Il libro ospita anche le lunghe ed interessantissime interviste e le testimonianze in prima persona dei protagonisti dell’operazione discografica e di alcuni genovesi illustri, curate in collaborazione con la giornalista Ida Guglielmotti.  Di seguito vi anticipiamo alcuni estratti.

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LUIS BACALOV e JORGE LUIS BORGES

In “Evaristo Carriego” Jorge Luis Borges scriveva che “il tango è degenerato per colpa degli italiani e in particolare dei genovesi”.  Dichiarazone contraddetta con forza dal maestro Luis Bacalov che invece afferma che“senza i liguri il tango non sarebbe esistito. Dal punto di vista linguistico”  spiega Bacalov “il loro contributo è stato fondamentale: nel lunfardo (lo slang degli abitanti di Buenos Aires, fondamentale nel tango) tanto odiato da Borges, ci sono moltissime parole che provengono dal dialetto genovese. Mentre dal punto di vista musicale, il 60/70 percento dei principali compositori e direttori d’orchestra sono di origini italiane. A Genova c’è qualcosa di malinconico, di triste, che, mi azzardo a dire, è proprio ciò che ha avuto maggior influenza nella nascita del tango.”

GIORGIO CALABRESE e ASTOR PIAZZOLLA

Nell’ intervista rilasciata per il libro “Xena Tango”, Giorgio Calabrese, che ha dato un contributo sconfinato alla cultura della canzone popolare ed è stato grande testimone della musica del ‘900, parla di tango e della sua Genova, della sua amicizia con Astor Piazzolla…ed è come assistere a un film di Rossellini raccontato da Scorsese.

“I genovesi arrivati in Argentina hanno lasciato tracce profonde nella cultura di quei posti e soprattutto nella musica. Ho l’impressione che, prima ancora che il tango nascesse, i genovesi pensassero già in “tanghese”  e infatti quando sono nate le prime canzoni in dialetto genovese, erano inevitabilmente in forma di tango. Forse perché l’andamento ritmico del tango già faceva parte della loro natura.”  Continua Calabrese: “Se devo riconoscere un carattere comune tra la mia città e la musica di Buenos Aires, lo trovo nello stesso modo di dire e non dire: si parla di grandi sentimenti, di nostalgie, di cuori spezzati, ma senza esporsi. Il genovese, così come molti tanghi, non si permettono di cadere nel melodramma, come fanno invece i napoletani  perché è la loro lingua che consente di scrivere e interpretare le canzoni in quel modo. Il genovese, invece, ha una sorta di pudore nell’esporre i propri sentimenti. I sentimenti estremi non fanno parte del nostro linguaggio. E il tango molto spesso è così.”

Calabrese, uno dei pochi a custodire i più reconditi segreti di una stagione di grande creatività e dei suoi protagonisti, racconta anche la sua amicizia con Astor Piazzolla, di cui è stato coetaneo. “Quando è arrivato in Italia, Piazzolla ha incontrato subito persone capaci di riconoscere il suo valore: la moglie di Gianni Ferrio, che era portegna come lui, l’ha capito subito, quindi ha incontrato Gianni e, di conseguenza Mina, della quale è diventato molto amico. Anche io e Astor siamo diventati amici subito. Avevo una casa ad Ostia, dove è stato spesso ospite e che gli piaceva molto, e ricordo che ce ne stavamo spesso in terrazza a guardare il mare, come due scemi, a parlare delle cose che sarebbero potute accadere… Siamo stati molto insieme e certamente sono stato testimone di un’epoca di grande creatività.

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IVANO FOSSATI

Nel libro ci sono anche dichiarazioni di Ivano Fossati. Nel raccontare la bellissima “Italiani d’Argentina”, brano ripreso nel disco “Xena Tango”, riesce meglio di chiunque altro a descrivere il trauma di quella povera gente che, stipata nei piroscafi che solcavano l’oceano, si era aggrappata al filo dell’orizzonte per vedere se oltre quella linea c’era davvero la nuova terra promessa. “A invidiare ai nostri italiani d’Argentina, il concetto di ‘sconfinato’ così estraneo a noi qui”  ha dichiarato Fossati “viene legittimo il sospetto che valga la pena rischiare gli esiti della propria esistenza per la bellezza di terre infinite; che valga la pena anche di essere orgogliosi della propria scelta, per aver desiderato un orizzonte che si sperde agli occhi. Ho sempre amato chi è partito con minore o maggiore fatica, ho sempre subito forte il fascino di chi si è arrischiato nei luoghi più lontani della terra, arrabattando il suo nome mezzo così e mezzo così, facendosi capire, facendosi rispettare e in definitiva amando quella nuova immensa casa, quasi sempre facendosi amare.”

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