Le Interviste di Allinfo.it: Paolo Di Sabatino (@paolodisabatino)

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Continua  la serie delle   Interviste di Allinfo con il pianista, compositore, arrangiatore, produttore Paolo Di Sabatino

Disponibile, mai schivo di fronte alle nostre domande, ci suggerisce l’idea di un musicista dalla visione cosmopolita che ama la musica a 360°. Di fatto spazia ,  amabilmente,  dalla musica sinfonica al jazz senza mai smettere di (S)muovere la Musica, per lui  sempre in movimento  e, cosa ben più importante  di portare  sempre “in tasca” con sé la curiosità . Ha da poco pubblicato un album che racconta, con linguaggi differenti, l’Universo che lo anima. Sia come musicista compositore sia come  songwriters. Una opportunità di viaggio  aperta al confronto.

Trace Elements è un disco che fa il giro del mondo e non poteva essere altrimenti viste le collaborazioni avute in passato con artisti del calibro di  J. Patitucci, J. Abercrombie, H. Hernandez, B. Mintzer, S. Di Battista. La sensazione è di trovarci dinanzi ad un album itinerante. E’ un punto di arrivo o un punto di partenza ?

E’ un punto di arrivo e di partenza allo stesso stempo. Mi piace confrontarmi con artisti stranieri da Londra a  New York. La necessità del viaggio parte dalla mia forte curiosità  che, in ambito musicale,  non si ferma al Jazz. La mia provenienza affonda le sue radici nella  musica classica e col tempo ho imparato ad amare anche la musica del Sud America  e a scrivere canzoni per poterlo fare al meglio. – Ho scritto, tra gli altri, anche per Mario Biondi e Grazie di Michele. A monte di ciascun  arrivo o partenza, tanta curiosità e voglia di sorprendermi.

Cos’è che continua a stupire a sorprendere e  spingere verso la nuova composizione, ma soprattutto regala nuova consapevolezza?

Fortunamamente continua a soprendermi e, quindi, ad ispirarmi il mio vissuto quotidiano. Nessuna emozione esclusa sia in negativo che in positivo.  L’esser diventato padre mi ha aperto ad un nuovo Universo di consapevolezza che sta, via via, filtrando attraverso le mie composizioni divenendone il motore principale. Nuovo immaginario.

Spesso l’immaginario si colora di sogni che sembrano irraggiungibili. Qual è per Paolo di Sabatino l’irraggiungibile che riesce a colorarlo?

Premesso che non metto mai limite alla provvidenza, l’irraggiungibile è per me il sogno che ogni giorno coltivo immaginando i miei brani arrangiati per orchestra da produttori, a mio giudizio, eccelsi come ad esempio  Vince Mendoza  o, perchè no ripresi da interpreti come  Barbra Streisand.   A prescindere dai nomi,  ritengo che sia  fondamentale credere nel sogno rimanendo con i piedi per terra.  Vitale è  la serenità con la quale si decide di affrontare il proprio sogno.

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C’è  un  luogo, tempio, ad  ispirare  le composizioni?

Sicuramente uno dei luoghi tempio è  il Jazz  Showcase di Chicago nel quale ho avuto la fortuna di suonare anni fa: un luogo nel quale  hanno suonato, negli anni 50,  artisti del calibro di Charlie Parker, Miles Davis , Duke Ellington.   Ed ancora:  il Dolby Theatre. Tra le mie aspirazioni simbolo c’è, sicuramente, quella di  scrivere la colonna sonora di un film premiato dagli Oscar – senza diventare necessariamente  un professionista specializzato in colonne sonore.

Insegnando composizione  qual è la visione, da formatore, sull’atteggiamento degli studenti che si approcciano professionalemnte al mondo della musica? Sta cambiando?

E’ cambiata la musica ed è, quindi,  cambiato il fruitore e il musicsta che inizia a studiare deve fare i conti con la nuova tecnologia. Per questa ragione  ama  contaminarsi ed è consapevole di dover dare ampio spazio a  progetti musicale ben definiti che permettano di rendere remunerativo il mestiere di musicista. Oggi con iTunes  i  rientri in termini di Royalties sono minimi. Almeno in Italia.

Viaggiando molto è possibile azzardare un confronto tra la situazione italiana della musica e quella del resto del mondo?

In Italia sto riscontrando una mancanza endemica di curiosità che sta, pian piano,  uccidendo la musica. Le persone che vanno a vedere i concerti e comprano quei pochi dischi che si riescono a vendere non si pongono il problema di sperimentare nuove programmazioni live. Da qui il dilagare delle programmazioni fotocopia  nelle quali suonano sempre gli stessi artisti. I gestori pur di staccare (giustamente i biglietti) non scommettono sui nuovi nomi.  Io mi sono trovato, invece,  molto bene in Giappone. La curiosità impera e i Giapponesi sono un popolo che, per cultura, non ama le copie e alla masterizzazione e agli mp3 (che  non scaricano) preferiscono il cd fisico.  Per chi fa musica è il paese dei balocchi.

Cos’è per Paolo di Sabatino il successo?

Il successo  è poter condividere i propri lavori nelle case di chi ha il piacere di ascoltarti e  di, conseguenza,  avere visibilità agli occhi delle principali produzioni impegnate sul fronte dei live , sia in Italia – dove la visibilità  è tutto , prima ancora della bravura –  sia   in giro per il mondo.

Trace Elementcs, 12 tracce di cui due standard e una  bonus track? Dal risalto che le è stato dato potremmo definire  “Ce que j’aime de toi” (Di Sabatino/Joyce) feat Kelly Joyce il cuore del disco?

Ce que j’aime de toi” è stato scritto  a quattro mani con Kelly Joyce, ai tempi del mio precedente lavoro dal titolo “Voices”.  In effetti vuole ribadire la mia esistenza anche come Songwriter . E’ l’unica  canzone dell’album. Al basso Pierpaolo Ranieri e alla batteria/percussioni Glauco Di Sabatino. A suo tempo è stato girato anche un video. Il brano strizza l’occhio alle arie jazz d’altri tempi senza perdere il contatto con il pop più fresco e moderno. Il testo scritto in una notte racconta di viaggi, amori e sguardi supportato da un groove vintage che si sposa perfettamente con il frizzante cantato francese.

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Per questo motivo Trace Elements dà attenzione anche a due standars: editi ed inediti che si compenetrano affrontando il viaggio nel tempo?  Qual è il comun denominatore ?

E’ il mio senso melodico unito alla cantabilità della musica.   They Can’t Take That Away from Me (George Gershwin) e  Nature Boy (Eden Ahbez) –  brano portato al successo dal leggendario Nat “King” Cole e suonato nei decenni da tutti i più importanti jazzisti e cantanti “pop”, da Miles Davis a Celine Dion, passando per David Bowie ed Ella Fitzgerald –  ribadiscono la mia attenzione verso la melodia rivendicandone l’importanza  e vogliono accendere la curiosità in chi si scopre ad ascoltarli per la prima volta. Se c’è una cosa di cui vado fiero nel mondo è la mia italianità.

Nel momento magico dell’esecuzione qual è il pensiero  o lo stato d’animo prevalente?

Suonando mi metto a nudo per  donanarmi al pubblico.  In quei momenti vivo un legame indissolubile con lo strumento e mi capita di suonare  inseguendo la scia emotiva generata dalle immagini che le note producono. Altre volte la concentrazione sulla  composizione è tale da farmi perdere la cognizione del tempo che passa.  Un’ora diventa  un attimo. Molto  dipende dal pubblico e da come si viene accolti.

Ciascuna composizione, nel momento dell’esecuzione, resta una mera fotografia del momento creativo oppure concede spazio alla libera sperimentazione di nuovi accordi?

Dipende dagli esecutori. Quando si suona in ensemble con   batteria e basso è necessario restare il più fedeli possibili alla melodia.   Quando  mi capita di suonare lo stesso brano da solo può capitare di suonarlo ogni volta  diversamente anche perchè mi piace dare  attenzione e gioco alla escursione dinamica (dal pianissimo al fortissimo) che  lo strumento che suono (il pianoforte) possiede.

Il disco è uscito da poco.  Nell’ottica del darsi un progetto   quali sono i progetti a breve e a lungo termine che seguiranno?

Nell’attesa del  tour legato al nuovo disco che partirà da marzo 2015, partirò a breve con due tour   internazionali:  una in Russia con Renzo Ruggero per presentare in giro il  disco   Inni italiani e poi, a seguire,  in Sud America, in  Cile.  Con il mio trio suonerò anche in  Argentina in occasione del Festival internazionale di  Buenos Aires.

E…

A fine ottobre registrerò con l’Orchestra Sinfonia Abruzzese e il mio trio un repertorio di musiche italiane conosciute sia brani di mia composizione. Un progetto desueto,  abbastanza particolare che darà vita ad  un disco che uscirà nel 2015.

di Giovanni Pirri

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Il nuovo album del pianista e compositore Paolo Di Sabatino  vede la partecipazione di due eccellenze della musica: il leggendario Peter Erskine, batterista riferimento negli ultimi quarant’anni di jazz (dalla big band di Stan Kenton, nella quale entrò appena diciottenne, ai Weather Report agli Steps ) e il bassista Janek Gwizdala definito “l’astro nascente del basso elettrico a livello mondiale”. Janek Gwizdala, di origini polacche, londinese di nascita vive a Los Angeles. Tra le sue collaborazioni, vanno segnalate quelle con Pete Levin, Hiram Bullock, Pat Metheny, Ronny Jordan e Marcus Miller.

Paolo Di Sabatino dice che: “ In inglese Trace element è un elemento chimico necessario, in quantità minime, all’appropriata crescita e allo sviluppo fisiologico di un organismo. In sintesi, è detto “micronutriente”. Ho scelto questo titolo perché da sempre, per me, la musica è indispensabile alla nutrizione del nostro spirito.”

Questa la tracklist di Trace elements:

 1.  Driving Blues (Di Sabatino)  // 2.  Peter (Di Sabatino) // 3.  Ciclito // 4.  Evening Dance (Di Sabatino) // 5.  Nature Boy (Eden Ahbez) // 6. Trace Elements (Di Sabatino)  // 7. Nell’aria (Di Sabatino)  // 8. Time for Fun (Di Sabatino)  // 9. Five o’clock In The Morning (Di Sabatino)  // 10. They Can’t Take That Away from Me (George Gershwin)  // 11. Janek (Di Sabatino)  //  Bonus track Ce que j’aime de toi (Di Sabatino/Joyce).

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